State of the News Media 2013, alcuni spunti di riflessione

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Da alcuni giorni è online la nuova versione di State of the News Media, lo studio che annualmente Pew Research Center pubblica sul monitoraggio dei principali mezzi di comunicazione statunitensi.

Tra i molti spunti proposti, alcuni relativi ai quotidiani, mi sembrano interessanti.

Gli introiti adv della stampa, nel suo complesso, continuano a decrescere: dal picco raggiunto nel 2005 con oltre 49 milioni di dollari, lo scorso anno, a distanza di 7 anni, il valore è sceso a poco più di 22,5 milioni di dollari, perdendo quindi più della metà delle revenue.

Gli introiti dell’advertising online crescono – del 3% nel solo 2012 – ma non sembrano al momento poter far fronte alla caduta dei ricavi pubblicitari della stampa tradizionale. Se nel 2011 ad ogni dollaro guadagnato dalla pubblicità dei quotidiani online ne corrispondevano 10 persi nell’adv della stampa su carta, nel 2012 il rapporto è peggiorato toccando la quota 1 a 16.

Il calo più vistoso, per quel che riguarda l’adv della stampa su carta, si è avuto tra il 2008 e il 2009 quando in un solo anno gli introiti sono scesi di quasi 10 milioni di dollari.

L’adv online, cresciuto con una buona costanza tra il 2004 e il 2007, sembra aver appiattito la salita degli investimenti, dal 2010 ormai ancorati a quota 3 milioni di dollari.

Tra le voci storicamente più redditizie per i giornali, i cosiddetti “classified ad” (gli annunci a pagamento) sono passati in una dozzina di anni dal garantire alla stampa 20 miliardi di dollari a poco meno di 5 miliardi di dollari nel 2012. In particolare gli introiti legati agli annunci legati al recruitment sono crollati: da soli nel 2000 garantivano alla stampa più di 8 miliardi di dollari che nel 2012 sono diventati poco più di 0,7 (d’altra parte servizi come LinkedIn hanno reso la ricerca di candidati idonei a una determinata posizione lavorativa molto più semplice).

Gli introiti derivanti dalla distribuzione dei quotidiani, contrariamente a quanto forse ci si potrebbe aspettare, sono rimasti bene o male abbastanza costanti nel corso degli ultimi vent’anni. La perdita dei guadagni dalla pubblicità finisce tuttavia per rendere questo “contenimento” non sufficiente a contrastare i segni negativi dell’adv tradizionale.

Osservando i dati aggregati legati all’audience dei siti dei quotidiani statunitensi online, se è vero che crescono i visitatori totali mese (e quindi anche la reach), le loro visite e il tempo che questi trascorrono in media nei siti supera ormai i 4 minuti, è altrettanto vero che il numero di visitatori al giorno registra un calo rispetto al novembre 2011.

Il podio delle testate online più visitate al mondo – in termini di visitatori unici – vede al primo posto il Mail Online, al secondo il New York Times, al terzo il Guardian. La crescita del New York Times è dovuta anche ai 600.000 abbonamenti digitali al quotidiano. Non sorprende, quindi, che proprio il New York Times sia in prima posizione in termini di copie digitali pagate, seguito, negli Stati Uniti, dal Wall Street Journal e dal New York Post. La quota di digital edition di quest’ultima testata è però 5 volte inferiore al quotidiano primo in classifica, un distacco nettissimo tra le prime due posizioni e gli altri giornali.

Gli occupati nelle redazioni, dopo il picco a cavallo degli anni ‘90, dal 2006 al 2009 sono diminuiti di 15.000 unità e anche lo scorso anno, dopo una fase di stabilità, hanno ricominciato a scendere.

Tutte le percentuali di lettura dei quotidiani (del giorno giorno precedente) delle differenti fasce di età nel corso degli anni si sono ridimensionate. In particolare, gli adulti tra i 35-44 anni, dal 2009, hanno subito un notevole diminuzione (ma in generale, negli ultimi 5 anni decrescono meno lentamente solo i giovani 18-34 e gli over 65).

Orizzonte nero? Sicuramente siamo vivendo un periodo di forti cambiamenti ma, come ribadito nelle conclusioni dello studio, nonostante i dati, i quotidiani non sembrano considerati superati dai lettori-utenti, continuano a consevare la loro utilità di sintesi della realtà che circonda ognuno di noi. Una nuova generazione di “addetti ai lavori”, inoltre, sta tentando di utilizzare al meglio le piattaforme digitali facendone parte integrante delle proprie strategie. Resto convinto che internet – e in generale le tutte le nuove piattaforme attraverso le quali oggi le informazioni possono essere veicolate – rappresenti (come spesso ribadisco) un’opportunità più che una minaccia per un comparto rimasto per troppo tempo ancorato a certezze che oggi sembrano quantomai scricchiolanti.

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